IO NON SONO QUI - RAFFAELE DI VAIA - SABATO 14 SETTEMBRE 2024

Sabato 14 settembre 2024, con orario 10 – 20 no stop, nei locali dello Studio Elisi, Via verdi 34A, Livorno, è presentato Io non sono qui dell'artista Raffaele Di Vaia a cura di Anna Rita Chiocca

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Raffaele Di Vaia
Io non sono qui

Testo di Anna Rita Chiocca

A distanza di una settimana da questa mostra allo Studio Elisi, Raffaele Di Vaia presenterà in coppia con Marco Acquafredda, a Casole d’Elsa, Timeless. Due mostre connesse da linee tentacolari del pensiero: confutazione del tempo Timeless, confutazione dello spazio Io non sono qui.

Raffaele Di Vaia (Torino 1969) rende visitabile l’impossibile - presenze non facilmente afferrabili poiché protette da una forma di occultamento propria del quotidiano, dell’ovvio, del familiare - e non potendo svelare interamente questa realtà, perché inconscia, perché altra da sé, perché indicibile ci invita ad entrare in questi spazi liberando alcuni indizi, sintomi, ricordi, memorie fallaci, apparenze fantasmatiche. Conquistato dalla Nuova confutazione del tempo di J. L. Borges << E’ il mio tarlo, ce l’ho sempre appresso>> fruga nei terreni della filosofia, della letteratura e costruisce paradossi. E’ capace di condurci in angoli bui, dove generalmente saremo riluttanti a entrare. Il processo avviene sia attraverso il medium della costruzione, il disegno, sia attraverso il medium dello svelamento, la fotografia e il video.


L’occasione per un progetto spesso giunge da testi letterari, filosofici, fotografici, cinematografici. Gli altri (2011-2014), ad esempio, è composto da ritratti fotografici di persone che casualmente sono entrate nel campo dell’obiettivo fotografico nelle vecchie foto di famiglia. In quanto comparse di vite altrui e passanti casuali divengono ricordo loro malgrado. Ma, è un ricordo? Se è vero, secondo la definizione di Oliver Wendel Holms che la fotografia è uno “specchio dotato di memoria”, il mezzo più consono perché si possa conservare, preservare e tramandare, le fotografie di Raffaele sono fallaci, in quanto preservano tracce mute.

Ancora memoria nel “Il diciannovesimo scalino” (2019) connesso al racconto Aleph di Borges. Un piccolo spazio grafico, un disegno di pochi centimetri, una piccola sfera in grafite aggrega ricordi, reminiscenze fugaci, frammenti di vita, tutti i momenti in un solo punto: un attimo di improvvisa illuminazione. 


“Riflesso” (2007) reminiscenza temporanea, restituisce la presenza di una sedia attraverso un ombra. Un oggetto banale, familiare appare giganteggiare nella sua ombra deformata. Rimanda, a mio parere, seppure in forma inconscia, a Tu m’ (1918) di Marcel Duchamp e, con svelata ammirazione a Nosferatu il vampiro (1921-22) di Friedrich Murnau. Rovesciamento di prassi, di ruoli e di senso che Di Vaia attua in molti video e disegni. Il mondo bidimensionale è per lui la pratica per comprendere il mondo: costruire doppi ingannevoli, labirinti, mappe cieche, indicazioni paradossali, appropriazione di frammenti di mondo che provocano inquietudine. Ciò che appare è il senso o il suo contrario?

In passato Raffaele ha utilizzato, una tecnica semplicissima come il frottage, per appropriandosi di oggetti soglia come porte, Usci (2007), e specchi. Il frottage riprende la forma dell’oggetto tridimensionale creando un suo doppio bidimensionale e si sostituisce ad esso. Nel caso degli specchi, Disegni (2011), oltre che della forma si appropria della funzione riflettente dell’oggetto, completando la sostituzione. Ancora riflessi muti.

In altri progetti ha invertito funzione e prassi, ha cancellato attraverso il disegno e disegnato con gomme. Nelle mappe ha annullato la rappresentazione grafica di un’area dello spazio utilizzando il disegno e nei “ragni” ha realizzato forme utilizzando una gomma sporca di polvere di grafite; nel “diciannovesimo scalino” ha aggregato in un unico punto spaziale tutto il tempo della memoria negando la chiarezza del suo svolgimento secondo una convenzione passato-presente-futuro; negli “Altri” ha reso impossibile la memoria. Zero (2016) è il minimo grado di rappresentazione il punto, nato dalla scansione di una delle stelle che compongono Corpi (2016) è <<un punto che ingrandito mostra la sua deflagrazione interna>>. Un punto di grafite che addensa tutti i tempi e tutti gli spazi, da cui la fuga è difficile, spesso è solo immaginata. Un mondo claustrofobico fatto di assenza di tempo e spazio. Non resta che guardare verso l’esterno da un fessura, da uno sbaffo, stare sulle soglie, attraversare un cunicolo spazio temporale, sollevare lo sguardo verso le stelle e vagheggiare l’utopia di contarle tutte.

Allo Studio Elisi Raffaele di Vaia presenta Io non sono qui.  Confutazione dello spazio.

“Gioca un po’ sull’idea di <<tu sei qui>> delle mappe cittadine. Dal momento che dico <<io non sono qui>> si crea un paradosso. Di solito qui è dove ti trovi. L’essere in un posto è legato comunque al tempo. Io sono qui in questo momento, nel presente, nel momento in cui parlo, un momento prima e un momento dopo, non necessariamente ci sono. E’ un gioco a bloccare il tempo. Per quanto dico <<sono qui>>, io sono in quel momento e già non ci sono subito dopo. Mi piaceva giocare su quest’aspetto e lavorare su una sequenza di mappe.”

Nove mappe di luoghi indecifrabili cancellati con il suo materiale feticcio, la grafite. In realtà, non completamente cancellati perché in ogni foglio è presente un piccolo segno, una virgola simile a quella che sulla rappresentazione grafica bidimensionale della realtà, la mappa, indica il punto in cui ci troviamo nello spazio reale. Ecco il primo paradosso: dove siamo? Cosa indica l’indice? La mappa non rappresenta nessun luogo. Questo foglio non è la rappresentazione grafica di uno spazio concreto e quella virgola risparmiata dalla grafite ci inganna. Eppure, noi siamo qui, lo sappiamo, lo testimonia per noi la materia lucida della grafite sulla carta che riflette indizi del nostro volto fantasmatico, l’ombra scura della nostra presenza.

Nella stanza è presente anche una scultura non scultura, una forma nello spazio realizzata con morsetti che reggono lastre di vetro. Ci inganna anche la struttura a morsetti? Come un animale tentacolare questa macchina si aggancia ad una parete, si àncora al pavimento, definisce linee, morde spazio; i bracci delimitano superfici, reggono fogli su cui abitano piccoli fantasmi residuali: i ragni realizzati con gli avanzi di grafite rimasta sulla gomma con cui Raffaele ha cancellato il punto <<io sono qui>>. Un altro paradosso. La gomma che per sua natura elimina, qui disegna animali tentacolari, veggenti del futuro, animali abbarbicati ad una “macchina celibe” che forse in realtà neppure esiste. Su un altro luogo della stanza, su un piedistallo si erge un’impalcatura fatta di mine 0.7: materia bruta, feticcio. E’ l’origine prima del punto. L’inizio e la fine.

Sito ufficiale Raffaele Di Vaia

Blog Anna Rita Chiocca