ROSSO COME BLU - I SANTINI DEL PRETE - SABATO 5 OTTOBRE 2024
I Santini Del Prete. Rosso come Blu
Testo di Anna Rita Chiocca
Da questo preciso momento il corpo dei ferrovieri non-artisti si impone come opera e nascono I Santini Del Prete. E’ una storia che attraversa tutto XX secolo e scavalla nel XXI: Marcel Duchamp (1887-1968) nel 1921 crea Rrose Sélavy, la performer fotografa surrealista Claude Cahun (1894-1954) tra il 1919 e la sua morte prematura farà del proprio corpo terreno di disputa di identità sessuale, Atsuko Tanaka (1932-2005) membro di Gutai e straordinaria matriarca di tutte le performer è l’ideatrice nel 1956 dell’opera-azione di un corpo elettrificato di ispirazione futurista e dada, nella seconda metà del secolo Joseph Beuys (1921-1986) attiva le sue azioni a cui si deve il concetto di scultura sociale, Yoko Ono (1933) sotto il sostegno di Fluxus crea nel 1964 Cut Piece imponendo la sua nudità per mezzo dell’azione del pubblico, dal 1969 gli inglesi Gilbert&George, (1943) (1942) a cui spesso vengono associati, fanno di se stessi una Living Sculptures.
L’esperimento Carmela Castiello di Del Prete ne preannunciava già la necessità, la formazione del duo la rende concreta. A questo proposito Bruno Sullo ricorda un’azione (…) in un lavoro comportamentale eseguito a Forlì nel settembre 1996, I Santini Del Prete dopo essersi svestiti delle divise ed averle fatte indossare ad altri, si aggiravano in costume succinto tra il pubblico, chiedendosi con una certa vena d’angoscia: <<Chi siamo noi?>>: come uomini che, con la divisa avessero smarrito anche la propria identità (…)
La saldatura arte-vita è in realtà un’aspirazione che ha la sua origine nel Romanticismo tramite il recupero di una espressività immediata e spontanea, rappresenta il tentativo di trasformare la poesia in azione corporea, che nella seconda metà dell’Ottocento si incarna nella figura del dandy teso a rappresentare il desiderio dell'artista di includere ogni aspetto del quotidiano nel campo della significazione, soprattutto l'eleganza quale sintomo di distinzione, ed ecco che il corpo diviene fondamentale, l’abbigliamento è centrale, ma è l’arte contemporanea a occupare pervasivamente ogni parte del quotidiano, investendo della propria creatività ogni superficie, arrivando ad adoperare anche la sembianza dell’artista come corpo d'arte. L’identità passa per il corpo. L’abbigliamento è ciò attraverso cui il corpo umano diventa portatore di segni sociali, politici. Quella de I Santini Del Prete è una divisa da ferroviere, una divisa da lavoro. E’ piuttosto datata e non più in uso, caratterizzata dai colori d’ordinanza rosso e blu. Rosso come Blu è il titolo di questo progetto. In trentadue anni di azioni comportamentali I Santini Del Prete hanno toccato ogni crepa della vita, sogni, giochi con leggerezza, certamente con ironia - che gli è propria anche nella quotidianità - non mi ha stupito, quindi, che le loro azioni abbiano raggiunto in forma più esplicita tematiche sociali di immediata attualità.
Rosso come Blu si compone di una azione performativa e di una serie di combinazioni a base fotografica in forma di pale d’altare, l’iconografia è quella della discesa dalla croce o deposizione. In forma di tableau vivant realizzano attraverso una tecnica di giustapposizione, raddoppiamento, incastro della loro immagine una serie di discese dalla croce prese da Rosso Fiorentino (1495-1540). Sempre presenti in scena modificano di volta in volta il soggetto del martirio: eccoli interpretare tutti i personaggi della Deposizione di Volterra (1521), calare, da una croce realizzata con due binari, con patos e lentezza un vagone ferroviario, un operaio caduto da un’impalcatura, la terra ridotta a un cencio malconcio; eccoli, in uniforme d’ordinanza fuori ordinanza, scalzi, leggeri come le nuvole occupare lo Studio Elisi in ogni centimetro di vuoto e sulle pareti, in corpo e immagine portare con agilità ed effimera serietà temi drammatici della nostra realtà. Rosso come Blu si addentra nello Studio Elisi come un luogo all’interno di un altro luogo, uno spazio all’interno di un altro spazio. Siamo invitati ad entrare in un territorio inconsueto seguendo un binario, ciò che troviamo all’interno è uno spazio mondano, lo studio d’arte, che simula uno spazio sacro. Siamo in una galleria che si finge tempio, posti di fronte ad una tragedia proposta con paradossale levità, con seria ironia, trasportati di fronte al nostro ruolo nella società traballante, sempre in bilico, fatta di deviazioni, a vivere in un ecosistema compromesso, guardare impotenti vite interrotte.