IL NOME DELL 'ASSENTE - FEDERICA GONNELLI - SABATO 25 GENNAIO 2025

Sabato 25 GENNAIO 2025, con orario 10 – 20 no stop, nei locali dello Studio Elisi, Via Verdi 34A, Livorno, è presentato Il nome dell'assente

Sabato 1 FEBBRAIO 2025 alle ore 17 durante la mostra di Federica Gonnelli, l’artista presenta L di Francesca Del Moro in dialogo con l’autrice. Nel corso dell’incontro saranno proiettati i video dedicati al libro da Adriana M. Soldini e Nerio Vespertin.

Particolare di: La mia mano, installazione a parete, organza stampata con riporto a solvente, supporto di legno, 3 elementi 34x54x4 cm ciascuno, 2003 - 2025

FEDERICA GONNELLI

Il nome dell’assente

Testo di Anna Rita Chiocca

Cos’è l’assenza? Quando facciamo riferimento al vuoto immaginiamo il nulla, assenza totale di qualsiasi cosa, persona, azione, sensazione eppure non è così, il vuoto non è l’opposto del pieno ma la condizione della sua apparizione. L’assenza è la condizione della manifestazione di altre presenze, la condizione per lasciarle affiorare [1]. Gli assenti sono forme, persone, opere, ricordi, azioni; tutte presentano un loro doppio, una memoria insostituibile, ognuna apre a una narrazione, attiva ricordi, relazioni.

Il nome dell’assente di Federica Gonnelli si sviluppa per addizione di parti autosufficienti: frammenti poetici, evocazioni, dispositivi plastici, oggetti riflettenti, sculture in una mescolanza tra materialità e astrazione che è occasione, pretesto, un punto di passaggio per porre un dilemma: chi è l’assente? La dimensione narrativa è sospesa, l’attivazione dell’opera è affidata all’osservatore libero di immaginare, di mettere in connessione gli elementi, di trovare il proprio assente.

Il nome dell’assente, installazione, specchi, cristallo e videoproiezione di luce in loop, dimensione complessiva d’ambiente, 2025.

Del resto Federica Gonnelli (Firenze 1981) dopo il liceo artistico frequenta l’Accademia di Belle Arti di Firenze con la netta convinzione che la sua inclinazione e abilità tecnica verso la pittura debba concretizzarsi in un percorso inevitabile, sicuro, ma scopre ben presto che non esistono confini netti, limiti prestabiliti. Nel 2001, sopravvenuto un momento di crisi, lascia la zona di comfort che la disciplina pittorica rappresenta e recupera un nuovo senso dello spazio, del corpo, della memoria; per i suoi nuovi progetti attinge a materiali familiari come le pezze di stoffa, recupera verifiche affiorate dai giochi d’infanzia (le scatole) e da quel momento sperimenta altre pratiche, altri dispositivi. Nuovi interrogativi la conducono a installazioni sul rapporto contenuto-contenitore, ricordo e memoria, riflessioni sul corpo e sull’identità, la rottura delle barriere e il superamento dei limiti. Sviluppa progetti sul superamento dei confini fisici e mentali i quali si mescolano a elementi biografici, suggestioni letterarie, tematiche sociali, temi come identità, memoria, limiti, superamenti dei confini saranno sviluppati sia nell’aspetto intimo, personale sia in una prospettiva collettiva. Nei primi lavori ripone oggetti o sculture in scatole di legno, sovrappone immagini fotografiche in doppia esposizione ottenendo sfocature concrete e metafisiche a vantaggio di un materiale fondamentale per i lavori futuri: l’organza.

Una piuma, installazione a parete, assemblaggio di organza stampata a transfer, carta cotone Magnani stampata a plotter, piuma, supporto di legno, dimensione complessiva d’ambiente, 2025.

Penso a “Bianco Mangiare” 2004-05, “Reliquiari della memoria” 2006. Dal 2007 fa parte con Francesca Del Moro, poetessa, traduttrice del collettivo ARTS FACTORY fondato da Adriana Maria Soldini narratrice d’arte, curatrice; nel 2011 apre a Prato il suo studio InCUBOAzione, occasione per lavorare con mezzi e tecniche differenti; dal 2015 attiva una serie di residenze, collaborazioni con territori e realtà differenti dal suo vissuto quotidiano. L’ultima esperienza in ordine di tempo No project Room 80 giorni Art Residency, conclusa in questi giorni con la mostra “La città sul fiume immobile” a cura di Matteo Peretti e Bianca Catalano, presso Accademia Italiana, Roma.

Vedere crescere quell’ombra, rannuvolarsi il cielo, apparire il nembo installazione, organza stampata a transfer, specchio, supporto di legno, organza e carta stampata a plotter, materiali vari, 2 opere a parete 82x62x5 cm, 1 velo 82x130 cm, 1 carta 82x130 cm, dimensione complessiva d’ambiente, 2024 - foto di Luis Do Rosario

Sin dalle prime installazioni i dispositivi servono a far avanzare ipotesi, congetture, domande. La doppia esposizione oggetto/immagine ci porta a <<vedere due volte>> e accade che in quella piccola distanza impercettibile, in quel battito di ciglia Federica lasci che risieda l’inesprimibile. L’oggetto non dice tutto, non tutto dice l’immagine in superfice, c’è uno spazio, un “tra” inesprimibile. La materia rappresenta un’occasione di passaggio, ciò che splende è il trascendente che si raggiunge solo attraverso un’esperienza imperfetta, un percorso laterale. L’imperfezione è il paradigma dell’arte contemporanea. Hal Foster [2]  chiama questo inesprimibile “realismo traumatico”: il mancato incontro con la realtà, che ha come effetto la ripetizione. <<Occorrono sempre due traumi per farne uno>> quindi <<occorre un secondo evento che faccia scattare quanto il primo aveva solo “registrato”, ci vuole un secondo incontro che “ricodifica” il primo, attribuendogli di fatto un senso.>>[3] Mario Perniola [4] definisce “ombra” ciò che resta.

In una delle nostre conversazioni in preparazione alla mostra Federica mi racconta che nell’Ottobre 2003, è vincitrice del primo premio al concorso Arte donna, organizzato dall’Assessorato Pari Opportunità della Provincia di Livorno con l’opera L’unità di misura: non un dipinto, non una scultura. L’opera è di piccole dimensioni, una piccola scatola, un dispositivo liminale. Dopo la premiazione, l’opera viene sostituita per un incidente banale. A più di vent’anni da quel concorso questa piccola opera è presente allo Studio Elisi, Il nome dell’assente nella forma del suo doppio. L’altra è esposta al Palazzo della Provincia di Livorno. Chi è l’assente? E’ davvero questa piccola opera? Assieme agli altri elementi che compongono la mostra, forse, rappresenta soltanto un frammento occasionale, una suggestione che lascia affiorare in superficie un momento di improvvisa chiarezza, pronto a sparire altrettanto improvvisamente. <<Ho da qualche tempo questo progetto. Si chiama Il nome dell’assente. Ha una conformazione per cui avevo pensato di portarlo in una residenza oppure una situazione dove si potesse creare un’interazione con le persone. Mi interessava chiedere a chi si avvicinava, a chi entrava in contatto con questo luogo, al visitatore: <<Chi è l’assente?>> un nome, una persona, un legame.>>

La soglia è nella casa, installazione, organza stampata a transfer, gesso ceramico e materiali vari, 1 velo 140x700 cm, scultura a grandezza naturale e supporto di legno e metallo, dimensione complessiva d’ambiente, 2025.

Al centro dello spazio è collocata l’installazione La soglia è nella casa: una cascata trasparente di organza che si dilata tutt’intorno, una stampa fotografica incarnazione di un verso di Francesca Del Moro[5] da una poesia tratta da “L”. In questo dispositivo liminale la poesia si fa materia, velo, sudario; rimanda gli interrogativi degli spettatori, si riflette sugli specchi tutt’attorno. L’assente è lì tra l’organza e gli specchi, tra lo sfumato e la magia. <<C’è questa evaporazione, cancellazione della testimonianza. Ci ho già lavorato. Si sente, si percepisce qualcosa che poi si scolora, nel quale si perde la presenza, anche il riferimento a chi l’ha detto, si arriva a qualcosa di anonimo, di oggettivo.>>

Per Federica le suggestioni spesso arrivano da un testo letterario, come in questo caso dal verso di una poesia, ma né il doppio del L’unità di misura o il calco della mano dell’artista né l’immagine sull’organza o gli specchi che ripetono l’immagine sono sufficienti a tradursi in senso. Sono presenze imperfette, possiamo solo intuire l’indicibile. Di fronte a Il nome dell’assente siamo impossibilitati a compiere il significato, comprendere ciò che è avvenuto.

[1] Elio Grazioli, Infrasottile. L’arte contemporanea ai limiti, Postmedia book, Milano, 2018, p.26
[2] Hal Foster, Il ritorno al reale. L’avanguardia alla fine del Novecento, Postmedia book, Milano 2006
[3] Elio Grazioli, Infrasottile. L’arte contemporanea ai limiti, Postmedia book, Milano, 2018, p.79
[4] Mario Perniola, L’arte e la sua ombra, Einaudi, Torino, 2000
[5] Francesca Del Moro, L, Gattomerlino/Supertripes, Bologna, 2024

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Sabato 1 febbraio presso Studio Elisi, in via Verdi 34 a Livorno, durante la mostra Il nome dell'assente di Federica Gonnelli, l’artista presenta L di Francesca Del Moro in dialogo con l’autrice. Nel corso dell’incontro saranno proiettati i video dedicati al libro da Adriana M. Soldini e Nerio Vespertin.

Pubblicato dalla casa editrice Gattomerlino di Roma nel gennaio del 2024, L è il secondo volume di una ideale trilogia del lutto iniziata con Ex Madre (Arcipelago itaca, 2022) e conclusa con La metà notturna (Bohumil, 2024). Laddove Ex Madre si incentrava sull’irrompere del trauma, sulla lacerazione dell’identità in conseguenza del suicidio del figlio terminando con una pallida speranza di ripresa, L descrive il percorso non lineare che a questa speranza prova a dare corpo. L, iniziale del nome del figlio Lorenzo, indica anche il cammino dal Lutto alla Luce, attraverso una Lingua nuova, una lingua di riconciliazione che sia in grado di mantenere un Legame con l’invisibile. 

Francesca Del Moro è nata a Livorno nel 1971 e vive a Bologna. Lavora nella redazione di una casa editrice e nel tempo libero si dedica alla poesia come autrice e divulgatrice. Ha pubblicato dodici libri di poesia e una biografia musicale e ha tradotto numerosi volumi di saggistica e narrativa e, in poesia, Les Fleurs du Mal di Charles Baudelaire (Le Cáriti, 2010) e Derniers Vers di Jules Laforgue (Marco Saya, 2020). Fa parte dello staff del festival multidisciplinare Bologna in Lettere. 

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Portfolio Federica Gonnelli

Blog Anna Rita Chiocca: La Gioconda errante