THE DECEIT OF SHADOWLESS LIGHT - RUBEN BARACHINI - SABATO 28 GIUGNO 2025
Testo a cura di Massimiliano Barachini
THE DECEIT OF SHADOWLESS LIGHT
L’inganno della luce senza ombre
La realtà non è mai solo ciò che viene mostrato in un gesto esplicito. La realtà si avvale anche dell’implicito, del sottinteso, del nascosto. La realtà è un gesto che sta fra ciò che vorremmo far apparire e ciò che vorremmo nascondere. La realtà sta in uno spazio di un attimo, nel tempo dello scoccare di un fulmine.
ENTRATA
Appena si entra nello spazio, troviamo otto steli, otto dipinti che per forma ricordano quella delle lastre di pietra o marmo che nell’antichità venivano piantate in terra per rimanere erette, e contenevano immagini commemorative di qualche evento, o come lapidi votive.
PASSO E CADENZA
In questo caso, le otto steli suggeriscono la cadenza della visione: un rallentamento subito dopo l’entrata, una sorta di immersione in uno stato contemplativo. La loro verticalità ci conduce all’altezza del cielo, alla vicinanza con la sublimazione dell’emozione provata, che non vuole essere analizzata, piuttosto modulata e trasformata in qualcosa di vivo, vitale e dinamico (che l’analisi non permette). Questa dinamica invita a trovare da soli un rituale di fruizione: ciascuno di noi può trovare la propria sequenza di visione e di ascolto, o cercare quale sequenza possa darci indietro il senso di ciò a cui abbiamo partecipato. È un tempo ritualistico, che si avvale della possibilità della ripetizione e della cancellazione, del tornare sui propri passi: ad ogni passo chi guarda sta svolgendo e riavvolgendo la coreografia delle proprie associazioni, sintonizzazioni, richiami alla memoria che risuonano all’interno dello spazio organico ed organizzato della installazione.
STELI
Le steli iniziano il percorso di chi guarda ed allo stesso tempo ne determinano il passo di entrata nella mostra, che non è solamente una mostra di oggetti: piuttosto è la esplicitazione di un tempo e di uno spazio che permettono a chi guarda, di divenire testimone di un’emozione (quella di Ruben di fronte all’ attesa prima della risonanza magnetica) tradotta in una esplosione che riorganizza la materia (risonanza magnetica) sensorialmente e attraverso associazioni non logiche o consequenziali, ma secondo assonanze, consonanze, risonanze.
SINTONIZZAZIONE
Le otto steli sono materia vibrazionale, materiali che si auto-accordano e si sintonizzano fra loro attraverso il colore, le ombre nere, le luminosità, le frequenze a cui vibrano i colori: diverse da quelle dei suoni, ma pur sempre frequenze ritmiche, di accenti tonici. Si sintonizzano anche attraverso il farsi e il disfarsi, il correggersi continuo in fase di realizzazione, come se si volesse dare alla materia visiva e cromatica una durata che è proprio della musica, un divenire continuo, un portare a compimento fino al sopraggiungere dell’ultima nota. Cancellare è una possibilità di ripensamento, o la ricerca di una sintonizzazione con gli altri dipinti, un continuo accordarsi, in quanto la musica, o il rituale del richiamo (nella caccia, fra i gruppi di primati, l’onomatopea in generale), si accordano con chi è in possesso del vero suono (l’animale cacciato, o il predatore). Da qui nasce il richiamo del rituale del tuono, del suono creatore.
SUONO
Il suono compare nella camera di risonanza (la stanza successiva), un richiamo esplicito al tunnel della risonanza magnetica, in cui il suono viene realmente prodotto all’interno di un tubo volutamente dipinto di nero, lasciato senza illuminazione se non interna, quasi un buco nero, che attrae, e ti porta in un interno dove la gravità fa scomparire il tempo e riduce lo spazio ad un punto solo, unidimensionale, dove si concentra l’emotività del corpo nel momento in cui si entra nella macchina della risonanza magnetica.
ORIZZONTI
Stanno fra la terra ed il cielo, fra un sotto ed un sopra, pronti a rivolgersi da sopra a sotto, da sopra ad un po’ più sopra. Non sono demarcazioni, piuttosto delle membrane di scambio, luoghi che si dissolvono nel sogno.
“Steso come un orizzonte cerco la fine nell’ oscurità” Ruben
Ruben Barachini è nato a Pisa nel 2003. Vive a Livorno dove ha studiato, ora frequenta D.I.S.C.O. a Pisa (arte e comunicazione), pratica da molti anni un Arte marziale cinese (KUNG FU/WUSHU). Collabora con la casa editrice GRANI EDIZIONI. Sta studiando movimento performativo con Massimiliano Barachini.
EFFORTS Le cinque sculture sono forme che fanno parte di me, sono immagini che appaiono in momenti di discontinuità e disequilibrio della realtà: da uno stato di latenza esse si mostrano e la purezza della loro struttura mi permette di trascendere la realtà. Nella loro presenza cerco l’eroico, sulla loro superficie cerco la vibrazione del flusso temporale e della loro prossima apparizione, del loro colore cerco ciò che mi attrae.
USELESS In questo periodo sta lavorando ad un tema legato alla sensazione del valore nell’atto creativo. Percepire un abbandono del valore nel comportamento e nell’esistenza, chiedendosi: Se e quanto valore hanno oggi il senso e il significato in un atto creativo? Con i suoi lavori si chiede se l’oggetto creato è utile per un autentico e profondo cambiamento nella realtà artistica. Come ultimo passaggio la sua indagine pone il quesito di come l’atto creativo è estremamente intrinseco all’esperienza vissuta. Lavorando sul valore che è la creazione dell’utilità, ed è la sostanza che crea il cambiamento “il valore è profondità, da corpo alle cose vitali. Il valore costruisce l’utilità nell’atto creativo. È la manifestazione del valore nell’oggetto creato che da importanza all’atto creativo. L’inutilità è ferma, rimane, non crea, non fa figli”